Dal Vangelo secondo Luca (Lc 2, 16-21)
In quel tempo, [i pastori] andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro.
Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore.
I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro.
Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo.
Nel contesto di un Natale che sembra non finire mai per le luci che si accendono e la ricerca di uno stile di vita incentrato sullo spreco, irrompono i pastori di Betlemme. Personaggi inattesi che sconvolgono la quiete di tante coscienze e che mostrano nuovi e possibili itinerari di speranza.
Itinerari che non nascono da una lettura forzata dei testi biblici, ma che rivelano l’attualità di queste figure, nel “quadretto” del presepe di Betlemme,che balza agli occhi degli indifferenti del terzo millennio e degli acquietati della fede che sembrano aver avuto nell’ultimo periodo un’escalation di proseliti.
I pastori di Betlemme non sono figuranti e non sono importanti. Sono personaggi determinantiche non sono solo testimoni oculari della nascita di Gesù; sono, invece, modelli a cui rifarsi per non cadere nella logica del desiderio e del “si potrebbe fare” che caratterizza la vita di tanti.
Andarono senza indugio verso la grotta di Betlemme mostrando di essere credenti. Non sono dei creduloni. Sono uomini senza paura che portano sé stessi, pronti a “mettersi in gioco” e a camminare per nuovi itinerari mai percorsi da nessuno in precedenza.
E così diventano pellegrini di futuro. Uomini che camminano e che, incrociando il Bambino e la Donna puerpera, diventano pellegrini di vita nuova.
Pellegrini di quella vita nascente spesso usata e bistrattata. Diventano operatori dello Yes to Life (“si” alla vita) mostrando la via della speranza. Questi pellegrini, già pastori di greggi, sono quelli che si aprono al mondo dei fragili, che denunciano gli abusi e l’uso scorretto del web da parte dei minori nella piena indifferenza dei genitori e che progettano alternative all’aborto che ha falcidiato e continua a falcidiare la vita nella società del cosiddetto “ben-essere”.
Ma questi inattesi personaggi non si fermano davanti al Bambino. Tornarono lodando e glorificando Dio. Non sono rimasti “incantati”. Non si sono limitati ad acquisire il titolo di pellegrini, ma sono diventati pellegrinanti. Hanno così varcato la porta del cuore e si sono immersi in percorsi di nuova evangelizzazione.
Da veri pellegrinanti hanno fatto propri:
l’impegno contro il riarmo e il traffico di armi dichiarando apertamente che accettano ogni logica dell’innovazione tecnologia a cominciare dall’intelligenza artificiale, ma che non accettano le nuove sofisticate apparecchiature ideate e usate con l’IA per realizzare le nuove armi e nuovi strumenti per la distruzione delle cose e l’uccisione delle persone;
l’impegno contro il debito e ogni tipo di povertà, ribaltando tutto e trovando il modo di far giungere medicine e cibo a quanti muoiono per quel “maledetto debito” dei paesi poveri che si spera si azzeri e non resti insoluto per l’ingordigia umana nonostante il giubileo;
l’impegno contro chi distrugge il creato,dimenticando che siamo tutti gestori di questopezzo di paradiso creato da Dio che non vuole la morte del peccatore, ma che si converta e viva.
I pellegrinanti aprono nuove strade di speranzanon hanno paura di partire dal Bambino visto e da sua madre Maria, ma si accollano l’impegno di portare tante altre persone all’incontro con il Piccolo di Betlemme.
Il vostro parroco
Antonio Ruccia