Dal vangelo secondo Matteo (Mt 4, 12-23)
Quando Gesù seppe che Giovanni era stato arrestato, si ritirò nella Galilea, lasciò Nàzaret e andò ad abitare a Cafàrnao, sulla riva del mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaìa:
«Terra di Zàbulon e terra di Nèftali,
sulla via del mare, oltre il Giordano,
Galilea delle genti!
Il popolo che abitava nelle tenebre
vide una grande luce,
per quelli che abitavano in regione e ombra di morte
una luce è sorta».
Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino».
Mentre camminava lungo il mare di Galilea, vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. E disse loro: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini». Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono. Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello, che nella barca, insieme a Zebedeo loro padre, riparavano le loro reti, e li chiamò. Ed essi subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono.
Gesù percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo.
Andare oltre.
Sembra uno slogan di quelli di quei giovani degli anni Sessanta o della fine degli anni Settanta convinti di poter cambiare il mondo con forme di pacifismo e di vita libera; catapultati in un immaginario collettivo realizzato con una vita frutto di una controcultura in cui tutti avrebbero trovato le soluzioni dei loro problemi esistenziali sia a livello internazionale, sia a livello personale.
Eppure, se leggiamo attentamente il brano evangelico, il primo ad oltrepassare la logica di norme ristrette e piuttosto rigide nello stile degli ebrei,intransigenti da un lato e pronti subito a farsi vittimedall’altro quando vengono feriti nell’intimo del loro credo, è proprio Gesù. È Gesù che passa dall’anonimato di Nazaret alla multiculturalità di Carfanao. Dalvillaggio dei genitori, alla città della convivenza religiosa dove ebrei e romani, politeisti e monoteisti, vivevano già un progetto di fratellanza universale senza accorgersene.
Non è semplicemente uno spostamento geografico, né tanto meno una realizzazione della profezia di Isaia. A Cafarnao nasce il primo progetto di evangelizzazione che ci invita ad andare oltre le logiche di una religione di perfetti.
Gesù, prendendo casa a Cafarnao, accanto a quella dei pescatori del lago, vicino alla sinagoga dove si pregava e ponendosi in relazione con i militari romani, diventa come loro, senza equipararsi alle loro logiche. Gesù a Cafarnao apre una nuova strada: lontano dai paraocchi ebraici e lontano dalle offerte sacrificali agli dèi romani.
Quell’andare oltre non è semplicemente percorrere la strada che oggi chiameremmo della Cisgiordania per tenere a distanza quelli che la pensavano diversamente da loro. E’, invece, chiarire che la parola del Vangelo, la bella notizia, è un aprirsi ad un mondo altro in cui non si annuncia la convivenza tra i popoli, ma s’inaugura la fratellanza universale. Un progetto che molti – anche oggi e anche tra noi – non avrebbero difficoltà ad affermare essere difficile da intraprendere e che sarebbe opportuno abortire in partenza. Quell’andare oltre per costruire un mondo altro vuol dire entrare in relazione vivendo la comunione.
La stessa vocazione dei primi discepoli è in questa direzione. È quell’andare anche oltre Giovanni il Battista. Proprio ai primi quattro discepoli, di cui alcuni erano discepoli del Battista, che già vivevano la multiculturalità di Cafarnao, Gesù chiede di uscire dalla logica dell’integralismo e di gettare le reti altrove secondo un progetto poggiante su tre elementi essenziali: annunciare il Regno, guarire le malattie, superare la logica delle diversità per realizzare l’integralità.
È lo stesso progetto, la stessa sfida, lo stesso obiettivo di oggi. Urge una Chiesa che cammina oltre e che progetta un domani in cui non si stanchi mai di evangelizzare tutti.Un progetto da intraprendere che delinea quanto necessario sia costruire e vivere una comunità nuova.
Annunciare il Regno vuol dire incontrare le persone e mostrare loro una fede diversa. Lasciare da parte tante forme di devozionismo e semplice sacramentalizzazione dove tutto è finito ancor prima di cominciare. Incontrarle dove vivono e dove si trovano e pro-vocarle ad amare il Cristo dopo aver loro proposto, letto e commentato il Vangelo.
Guarire le malattie vuol dire operare la svolta di una Chiesa povera. Non una Chiesa che aiuta i poveri tenendoli a distanza come spesso fanno le istituzioni. Una Chiesa che non si veste di potere e non accetta i massoni. Una Chiesa che non si allea con i disonesti e che lascia a casa gli indifferenti. È la Chiesa che ama i poveri e cammina con loro diventando come loro. Non pezzente, ma costruttrice di vita.
Superare le diversità e promuovere l’integralità vuol dire cercare forme alternative soprattutto con quei mondi che non sempre entrano nelle nostre realtà. È con il mondo del sociale e con i social che dobbiamo promuovere una piazza virtuale in cui comunicare per costruire piazze reali di dialogo con la scienza e con le nuove tecnologie che già hanno invaso il mondo.
Andiamo oltre e senza paura perché è Cristo che cammina prima di noi.
Il vostro parroco
Antonio Ruccia