Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 5,1-12°)
In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
«Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono nel pianto,
perché saranno consolati.
Beati i miti,
perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per la giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».
Non è una processione di quelle in cui, uno dietro l’altro, con la candela stretta in una mano, si avanza sgranando il rosario e avendo dietro di sé un’immagine di cartapesta, agghindata a festa per l’occasione, dinanzi alla quale ci s’inchina e ci si segna con il segno della croce. Non è una parata militare dove tutti “inquadrati e coperti” marciano al passo per mostrare la potenza e la forza dinanzi agli altri con i mezzi debitamente lustrati precedentemente negli hangar e negli arsenali. Non è un corteo di manifestanti che, scandendo slogan e alzando la voce, cercano di attrarre l’attenzione dei “grandi” e soprattutto dei “social” per far ascoltare le loro richieste. Non è il procedere silenzioso di chi vuole comunque farsi notare, magari con un vestimento particolare, tentando di riesumare qualche progetto dismesso o relegato in soffitta.
Quella schiera che avanza senza striscioni e cartelli di protesta, senza slogan e senza segni è un popolo. Una comunità di persone pronta a procedere e perseguire successivamente lo stessocammino per dare un senso alla propria e all’altrui vita. Un popolo di persone pronte a non arrendersi e a camminare secondo uno spirito “missionario”.
È una comunità diversa … ma santa.È una Chiesa diversa e santa che crede nel futuro, costruendo il domani e credendo nei giovani e nelle persone, una Chiesa che senza interessi vuole costruire un mondo di amore anche con chi quella strada l’ha persa o non l’ha mai conosciuta. È una Chiesa dell’inclusione.
È una Chiesa dove i poveri non sono esclusi e non sono quelli che usufruiscono del residuo elemosinato nelle questue caritative. È un popolo che mette da parte le etichette e soprattutto non include vanitosi e egocentrici. È fatta di persone che lavorano per la pace, che lottano contro ogni tipo di ingiustizia, che non dividono il mondo costruendo muri, che non incrementano le immissioni di gas serra, che non educano ai valori del lassismo e del quieto vivere.
È una comunità dove i puri lasciano vedere Diocon i gesti piccoli e semplici e i perseguitati per la fede, nella società del benessere e dello spreco di enormi risorse alimentari che finiscono nelle discariche, sono barbaramente uccisi, come il Cristo del Calvario, ancora di più che nel passato.
E’ questo il volto della Chiesa dell’inclusione che nel terzo millennio mostra quello trasparente di Cristo e che testimonia con coraggio che non si deve uccidere in alcun modo nessuno; che le armi non possono essere considerate al pari di unasuppellettile da cucina da tirar fuori al momento opportuno; che l’aborto è un crimine contro i bambini; che gli uomini non vanno schiavizzati; che le donne non vanno in alcun modo mercificate; che nessuno dev’essere lasciato solo nel momento dell’ultimo respiro.
Questo popolo in cammino è una comunità di santi e di sante che include tutti.
Da qui l’impegno a non mollare e soprattutto adincludere nel progetto di santità i bambini,insegnando loro che il Vangelo è una bella notizia e non una favola di Natale; che il servizio ai poveri fatto alle mense o nei dormitori non è un vanto, ma un impegno che nasce nel Cenacolo di Gerusalemme, in quella stanza al piano superiore dove Gesù ha lavato i piedi ai suoi discepoli; che l’accoglienza dei profughi o delle donne vittime della tratta è considerata un’opera di riconciliazione come quella fatta dal Nazzareno in mezzo alla strada quando non condannò ma perdonò la donna adultera.
La Chiesa “dei santi” è la una grande famiglia dove nessuno è un estraneo e dove tutti sono fratelli e sorelle che con una mano si tengono l’un l’altro e tendono l’altra verso chi distrattamente procede al loro fianco.
È una Chiesa nuova: è la Chiesa dell’inclusione.E’ la Chiesa dei santi!
Il vostro parroco
Antonio Ruccia