Dal Vangelo secondo Marco (Mc 1,12-15)
In quel tempo, lo Spirito sospinse Gesù nel deserto e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana. Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano. Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».
L’ambientazione sembra insolita per chi desidera incontrare qualcuno. Eppure … Gesù, sotto l’influsso dello Spirito, si spinge nel deserto. Non un deserto qualunque. Non quello delle dune e della sabbia dove, nel pieno della calura, qualche miraggio ti lascia intravedere un’oasi e non è neanche quello del grande freddo notturno dove si tende a rannicchiarsi sotto le coperte avendo per tetto il cielo pieno di stelle e la sicurezza della giusta direzione da seguire indicata dalla stella polare.
Si tratta del deserto “duro”. Quello di pietre. Quello dove solo a distanza s’intravede qualche ciuffo d’erba. Quello dove solo gli asini sanno camminare velocemente e dove l’angoscia non fa fatica a prendere il sopravvento.
Eppure è lo spazio del deserto che può segnare il tempo del futuro. E’ nel deserto che Dio ha educato il suo popolo nei quarant’anni del viaggio verso la Terra Promessa; è nel deserto che Dio si è innamorato del suo popolo; è nel deserto che Gesù ha mosso i suoi primi passi per darci un futuro, un tempo nuovo, un tempo in cui le paure sono messe da parte e dove anche il vuoto è riempito da scelte profetiche.
E’ il deserto il luogo dove lo spazio e il tempo coincidono perché lo spazio è infinito e il tempo è eterno.
Per questo, quell’oscuro nemico non ha perso tempo nell’andare proprio nel deserto per incontrare Gesù e subito gli ha proposto di mollare, di lasciare tutto nel tentativo di mostrargli l’inutilità e la superficialità del tempo.
E’ la logica del non scegliere, del sopravvivere, dell’inutile, di chi ha deciso di lasciarsi andare, di chi, pur essendo anagraficamente giovane, ha firmato una cambiale con la morte, del tossico, dello sprecone, dello scontento, del genitore incontentabile, dell’eterno insoddisfatto, della ragazza alla ricerca di un amore quasi preconfezionato costruito in provetta, dell’accanimento genitoriale, della ricerca spasmodica e febbrile della bellezza e della perfezione … è la logica che porta solo alla disperazione.
Sembrano proprio essere lo spazio e il tempo proficui per quell’oscuro essere che prima ammalia e poi sogghigna e che non ha nessun problema a trovare le proprie vittime. Non ha alcuna difficoltà e sembra essere proprio il vincente non solo tra i perdenti lavoro, le vittime della pandemia, i giovani delusi, i parenti delle vittime degli uxoricidi, i poveri che vivono agli angoli della strade, ma anche tra i tanti che non credono più ai valori dell’amore, della pace, della solidarietà e della vita.
E se fosse il contrario? Se invece di essere un tempo inutile fosse un tempo diverso, un tempo opportuno in uno spazio immenso?
Cos’è questo Vangelo, questa “bella notizia” che distrugge i tempi vuoti e quelli inutili? Cos’è questo scorrere veloce dei secondi che porta ad andare incontro a tutto e tutti, con accanto il Cristo, che suggerisce dove andare e cosa fare?
E’ proprio questo l’insegnamento di Gesù, accompagnato dal suo pressante invito a non cadere in tentazione: attaccare lo spazio. In termine più semplici, stare in mezzo. Non defilarsi, non uscire di scena, non mollare, non lasciarsi andare. E’ questa la proposta: costruire un mondo di amore a cominciare da … ciascuno di noi. Passare dalla disperazione alla ricostruzione, dalla smarrimento all’innamoramento.
Attaccare lo spazio realizzando un tempo nuovo. Un tempo da protagonisti in cui nessuno è inutile e nessuno è insignificante. Attaccare lo spazio per cogliere che la vita non è uno stare, ma un essere. Attaccare lo spazio per essere rigenerati, rinnovati e coinvolgenti.
E’ questo il tempo degli annunciatori di vita. Non è il tempo per i cristiani della rassegnazione, ma è solo l’inizio per quelli della risurrezione.
Attaccare lo spazio per essere costruttori di vita e non essere persone in stato vegetativo. L’amore per Dio, l’amore per gli altri, l’amore per i poveri non richiedono uno stato vegetativo, ma uno stato creativo e rinnovativo.
E’ questa la “bella notizia” che scaturisce dal Vangelo. Ed è solo l’inizio … il resto sarà straordinario.
Il vostro parroco
Antonio Ruccia