Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 11,25-30)
In quel tempo Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo. Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».
Un Dio diverso, un Dio completamente fuori schema e soprattutto un Dio senza portaborse e capi chini, nessuno se lo sarebbe aspettato. Nemmeno il più progressista degli ebrei aveva immaginato che quel Dio tanto atteso da secoli, che aveva distrutto cavalli e cavalieri nel Mar Rosso e che si era servito di un re persiano, Ciro, per riportarli nella terra dei padri, dovesse essere un “DIO diverso”, dal volto buono e capace di caricarsi i pesi degli uomini.
Rivelare, infatti, non è un verbo qualunque. Se etimologicamente vuol dire togliere il velo, in termini più palesi vuol dire rendere noto. Insomma, rendere noto, che tutto ruota intorno ai piccoli e che con i piccoli si cammina e si contribuisce a realizzare un mondo di una bellezza incomparabile.
Gesù lo dice chiaramente a … tutti! Il Dio di Gesù Cristo, che lui per primo rende noto, non è il Dio che spesso emerge dai testi scritturistici dell’Antico Testamento. Il Dio di Gesù Cristo non è quello della potenza, delle armi, delle truppe schierate alle frontiere in assetto di guerra. Il Dio di Gesù Cristo ha sulla carta d’identità, come unico segno particolare, l’amore. Un amore che abbraccia i senza fissa dimora, i bambini maltrattati e quelli a cui tenta di dire che non saranno i vizi a farli diventare grandi. Un amore che abbraccia gli abbandonati, ma cerca scuotere i giovani impasticciati di ecstasy o che fanno sesso alla prima occasione per sentirsi “importanti”.
Gesù rende noto, svela se così è più facile, il volto di un Dio rivoluzionario. Un Dio pacifico che non adotta il metodo del terrore, delle punizioni, delle mortificazioni. E’ il Dio che sta dalla parte dei piccoli, dei peccatori, degli ultimi della fila, delle periferie.
Di tutte le periferie:
quelle geografiche, dove la presenza dei cristiani è assente: i quartieri dormitorio, i quartieri abbandonati al degrado dove il lavoro è spesso e solo garantito dalla criminalità organizzata o dalle agenzie di strozzinaggio;
quelle esistenziali, dove appare il volto sofferente del Cristo in quello degli emigranti, dei profughi, dei malati (specialmente quelli cronici e terminali, o colpiti dalla piaga mai debellata dell’AIDS), dei dipendenti dall’alcool, dalla droga, dal gioco, senza dimenticare il volto dei disoccupati e dei giovani dei quartieri bene che oziano senza mai prendere decisioni nella loro vita, avendo la certezza che le raccomandazioni fanno la differenza;
quelle spirituali e religiose, dove c’è chi confonde la fede con il precetto o con l’erogazione di un servizio, e non accetta che «i sacramenti non si pagano».
Gesù mostra che il suo Dio è di periferia e che la sua Chiesa dev’essere una Chiesa che, sebbene ferita e sporca, continua a stare per le strade.
E noi siamo chiamati a svelare e rendere nota un’altra bellezza: quella del Dio di Gesù Cristo che non carica nessuno di pesi e non ci pesa per i nostri peccati. I talenti della bellezza sono solo dietro l’angolo. La musica come strumento di comunicazione d’amore, il web come mezzo di comunicazione, la creatività delle catechesi, sono solo alcuni di quei mezzi che svelano che le distanze di periferie devono e possono essere colmate con quel Dio diverso che si chiama amore.
Il vostro parroco
Antonio Ruccia