Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 10, 25-33)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli: «Non abbiate paura degli uomini, poiché nulla vi è di nascosto che non sarà svelato né di segreto che non sarà conosciuto. Quello che io vi dico nelle tenebre voi ditelo nella luce, e quello che ascoltate all’orecchio voi annunciatelo dalle terrazze. E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima; abbiate paura piuttosto di colui che ha il potere di far perire nella Geènna e l’anima e il corpo. Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure nemmeno uno di essi cadrà a terra senza il volere del Padre vostro. Perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non abbiate dunque paura: voi valete più di molti passeri! Perciò chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli».
Gesù non ha alcuna remora a mettere in guardia i suoi apostoli, debitamente spalleggiati da altri discepoli, dai rischi che avrebbero potuto correre, nelle loro prime esperienze di missione. Non sembra preservarli dai timori che serpeggiavano nel loro animo perché, sapendo leggere dentro di loro, aveva chiaro che non sempre sarebbero stati pronti ad affrontare le sconfitte che avrebbero potuto subire.
Gesù è chiaro fino in fondo. Discepoli non si nasce, ma si diventa. Per farlo è necessario mettere da parte tutte le fobie del caso e camminare senza mai fermarsi, non per conseguire il trionfo dell’atleta, ma per “consegnare” a tutti quel Gesù, immagine splendida e sfolgorante del Padre, che mostra come nessuno sarà mai in grado di uccidere l’amore.
I missionari della prima ora, ma anche i missionari della seconda, della terza e di sempre, non devono avere paura dei potenti che confondono la persona con l’economia, pretendendo che quest’ultima sia la chiave di lettura dell’umanità; non devono avere paura di spegnere le speranze di un’umanità che cerca le vie della pace e della giustizia, rimanendo nascosti nei bassifondi di quel cristianesimo che continua a ripetere che è meglio non immischiarsi né pubblicamente né privatamente ma continuare a credere che “la Provvidenza” aggiusterà tutto; non devono avere paura di dirsi cristiani anche di fronte agli attacchi di chi non crede in nulla e cerca di sopprimere tutta la cultura dell’amore del Cristo; non devono avere paura di essere sottovalutati perché Cristo sarà sempre al loro fianco.
Gesù nei confronti dei discepoli afferma chiaramente quali devono essere le prospettive per i missionari del Vangelo:
rendere palese ed esplicito l’annuncio del Vangelo di fronte ad una società senza Dio e con scarse conoscenze dei testi evangelici;
spendersi nel servizio verso tutti per ridare dignità a chi questa dignità l’ha persa;
investire e progettare una Chiesa del bello e del nuovo che manca da troppo tempo.
La “chiesa del covid-19” non appartiene ai missionari. Essa è quella che ha perso il fiato ed è sempre in affanno. E’ quella che vede i giovani da lontano perché non coglie gli aneliti della vita che scorre velocemente e preferisce i lamenti piuttosto che quei sani assembramenti che servono a dare gioia e coraggio. E’ quella dei timori, che continua a contare i centimetri di distanza e i granelli di polvere negli angoli delle chiese piuttosto che domandarsi dove non si è ancora presenti nella storia.
La comunità della missione è quella dei cristiani che camminano e che non rinunciano a ripartire. E’ quella che crede nella vita e propone una cultura cristiana a tuttotondo. E’ quella che sa affrontare le scelte profetiche e che fa fluttuare le sue Eucarestie sulla strada senza distogliere lo sguardo dai poveri.
Ai suoi missionari, e a noi missionari di questo tempo, ridice chiaramente di non essere timorosi, ma di passare da claudicanti a camminanti.
Il vostro parroco
Antonio Ruccia