Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, [i pastori] andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro.
Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore.
I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro.
Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo.
Sì, i pastori sono stati determinanti nella notte di Betlemme. Senza di loro, quel quadro, pittoresco e drammatico nello stesso tempo, di una mamma abbandonata in una stalla per l’indifferenza di tanti, non avrebbe avuto seguito. Natale, infatti, è voce del verbo amare ma anche voce del verbo portare.
La lentezza della fede non si coniuga con l’immediata azione dei pastori. I rimandi della Chiesa, le mancate prese di posizione di fronte alle continue guerre e le non scelte per la vita, non si ritrovano nell’incedere dei pastori. I pastori non coniugano i verbi difettivi ma quelli determinativi. Sono i determinanti del presepe e non i figuranti. Con loro pace e giustizia è assicurata.
La loro determinazione sta nel coraggio di tornare per costruire il futuro. Un futuro di cose belle, di famiglie che creano spazi di vita e che accolgono.
Natale è voce del verbo determinare per costruire la pace e poi continuare a generare.
Il vostro parroco
Antonio Ruccia