Dal Vangelo di Giovanni (13, 31- 35)
Quando Giuda fu uscito [dal cenacolo], Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. Figlioli, ancora per poco sono con voi. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri».
Dopo un’uscita, quella di Giuda che preferisce lasciare la tavola imbandita della Pasqua, Gesù invita a sincronizzare gli orologi. Sembrerebbe che il tempo sia agli sgoccioli e che manchi poco perché si possa concretizzare qualcosa.
Ma è Gesù stesso che, nel momento del suo tradimento, nell’ora in cui il tempo parrebbe fermarsi dinanzi alla sconfitta definitiva del suo progetto, chiede ai restanti di caricarsi di una responsabilità: costruire una storia d’amore tra le vicende della storia. Indica chiaramente che la strada dei vecchi comandamenti è ormai superata e propone di dirigersi verso nuovi orizzonti. Chiede di amare con lo stesso ritmo e con lo stesso tempo di Dio. E’ tempo che non si ferma mai. Non è previsto il tempo di recupero, perché è un tempo illimitato. E’ tempo di vita.
E’ il tempo dell’amore. Si calcola con il coraggio di chi non ha timore di sporcarsi le mani di Vangelo. Con la tenerezza di una madre. Con la forza di chi si schiera dalla parte dei deboli. Con la volontà di chi gli spazi li riempie di comunione e di persone, senza escludere nessuno.
Il tempo dell’amore non ammette scadenze. Non è da consumarsi preferibilmente entro date prefissate. Cristo non si è consumato sulla croce, né da oltre duemila anni, appare logorato, nonostante i tempi mai utilizzati da tanti cristiani. Cristo si è donato per amore sul patibolo della croce e continua a farlo ancora oggi.
Ecco perché quei profeti di sventura, di cui parlava Papa Giovanni XXIII aprendo il Concilio Vaticano II nell’ottobre 1962 e da cui chiedeva di prendere le distanze, oggi rivelano l’importanza ancora di più di cambiare leggendo con amore la storia che è in continuo e accelerato mutamento.
Sono gli schiodanti, instancabili operai dell’amore, che non si sfilano ma s’infilano nella storia, che determinano che il tempo non è scaduto, ma è solo cominciato.
Cambiaree le strategie dell’evangelizzazione, progettare percorsi di comunione e di recupero, investire sui beni attualmente in deperimento, ci chiariscono che è questa l’ora nuova di un tempo che è eterno.
Tempi nuovi e senza scadenze: questi sono i tempi degli schiodanti/risorti.
Il vostro parroco
Antonio Ruccia