Dal vangelo secondo Luca (Lc 3,10-18)
In quel tempo, le folle interrogavano Giovanni, dicendo: «Che cosa dobbiamo fare?». Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto».
Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato».
Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe».
Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».
Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo.
Se Giovanni il Battista si fosse incrociato con Martin Luter King, non avrebbe avuto difficoltà a rubargli quella celebre frase che permise di mobilitare migliaia di uomini e donne dalla pelle scura per chiedere che fosse loro restituita quella dignità usurpatagli nel nome di un colore ritenuto “diverso”.
Se Giovanni il Battista si fosse incrociato con don Lorenzo Milani, non avrebbe avuto nessuna difficoltà a gridare dal monte Giovi l’impegno per un’educazione alla cultura della legalità e alla promozione di un’educazione di “piccoli inquadrati” che, sebbene senza divisa, camminano e realizzano una società equa a favore dei deboli.
Se Giovanni il Battista si fosse incrociato con don Tonino Bello, avrebbero insieme percorso le strade oltre il deserto per accogliere quanti bagnati dall’acqua salata o sudati e puzzolenti per una giornata di lavoro nelle campagne chiedono ancora di non essere annoverati tra i “nuovi schiavi” del terzo millennio.
Infatti, quando tutti interrogavano Giovanni il Battista, masse o pubblici peccatori o soldati, per tutti Giovanni indicava una scelta: rivestire di dignità ogni persona. Tutto perché, oltre che sognare, non è peccato, non aveva dubbi a indicare la strada per costruire i sogni e far nascere Gesù in loro e fuori di loro!
Il Battista non è il censore dei fuorilegge dai colletti bianchi, il provocatore delle coscienze, il rivoluzionario in doppio petto, ma è il testimone del coraggio che s’impegna a dare dignità a chi non ha nulla e a chi intende lottare pacificamente contro tutte le ingiustizie. In altre parole a gridare che organizzare e fomentare una guerra o una “semplice litigata” è peccato; sfregiare un monumento è peccare contro la bellezza e l’amore dei cuori; fare silenzio per paura di perdere qualcosa è peccare di omertà; fermare l’accoglienza è fare segnalazione dell’umanità.
Per operare per la dignità è necessario:
convertirsi alla sobrietà, all’amore gratuito, al disarmo;
organizzare una proposta di vita finalizzata all’accoglienza;
provvedere ai senza cibo e chi ha perso la dignità a cominciare dalle donne gettate nella tratta e nello schiavismo delle nostre strade.
I have a dream è la realizzazione oggi di una “grotta” smantellata e di una casa di accoglienza aperta per far nascere ciò che potrebbe non vedere mai la luce e l’impegnarsi per eliminare lo spreco.
I have a dream è realizzare una Chiesa di testimoni e non di passaggio per annunciare che il parto di Gesù chiede un piccolo travaglio, la gioia del vagito, il sorriso per un mondo cambiato e il non sentirsi più soli ma parte di un mondo che è diventato una famiglia.
Il vostro parroco
Antonio Ruccia