Nel libro ‘Senza misura’ mons. Tonino Bello scriveva così ai giovani: “Ma voi non abbiate paura, non preoccupatevi! Se voi lo volete, se avete un briciolo di speranza e una grande passione per gli anni che avete… cambierete il mondo e non lo lascerete cambiare agli altri. Vivete la vita che state vivendo con una forte passione. Non recintatevi dentro di voi circoscrivendo la vostra vita in piccoli ambiti egoistici, invidiosi, incapaci di aprirsi agli altri.
Appassionatevi alla vita perché è dolcissima. Mordete la vita!… Diventate voi la coscienza critica del mondo. Diventate sovversivi. Non fidatevi dei cristiani ‘autentici’ che non incidono la crosta della civiltà. Fidatevi dei cristiani ‘autentici sovversivi’ come san Francesco d’Assisi che ai soldati schierati per le crociate sconsigliava di partire. Il cristiano autentico è sempre un sovversivo; uno che va contro corrente non per posa ma perché sa che il Vangelo non è omologabile alla mentalità corrente”.
Partendo da queste ‘provocazioni’ don Antonio Ruccia, parroco nella parrocchia ‘San Giovanni Battista’ a Bari e docente di Teologia Pastorale presso la Facoltà teologica della città, ha scritto ‘Su altre orme. Lettera di don Tonino Bello venticinque anni dopo’ in cui presenta il vescovo pugliese attraverso la dottrina pastorale di papa Francesco.
Il testo conduce i lettori alla conoscenza non solo dei testi del vescovo pugliese che è riuscito a scalfire anche il cuore dei lontani, ma soprattutto a ‘motivare’ i giovani della società dell’indifferenza e della globalizzazione a rinnovarsi partendo dagli input contenuti nell’ultima Esortazione Apostolica di papa Francesco sulla santità: “Lui è la faccia concreta di quelli ‘schiodanti’ che sono i testimoni della risurrezione dei nostri giorni, e che hanno un volto giovane e inossidabile”.
Perché ancora un libro su don Tonino Bello?
“L’agile testo ‘Su altre orme. Lettera di don Tonino Bello venticinque anni dopo’ non è un testo su don Tonino Bello. Si tratta di una proposta di attualizzazione del pensiero del ‘don’ attraverso un dialogo aperto con papa Francesco. Infatti, l’esortazione apostolica ‘Evangelii gaudium’ di papa Francesco è ampiamente riscontrabile nei testi del presule pugliese di oltre 25 anni fa e questa lettera che idealmente scrive, o meglio riscrive don Tonino è un esplicito invito a non essere una ‘chiesa chiusa nelle riserve’ o una ‘chiesa in riserva o panchinara’, ma a cercare di rivelare che Cristo è la carezza per tutti a cominciare dai poveri. Don Tonino non è un santino da appendere, ma un cristiano prima, un vescovo dopo, un santo da imitare, che comunica che i tempi della sedentarietà sono ampiamente terminati”.
Su altre orme’: cosa scriverebbe oggi mons. Bello ai giovani?
“I giovani sono stati sempre nel cuore di don Tonino. Oggi non avrebbe paura a scuoterli dal torpore in cui sono caduti. La voglia di imborghesirsi è notevolmente aumentata in loro e la difficoltà a relazionarsi ancor di più. Di fronte alle amicizie virtuali, non avrebbe avuto paura a scuoterli.
Se papa Francesco continua a dire che non devono farsi rubare la speranza, il Don direbbe loro di spendere la speranza e di correre a comprare l’olio del domani per illuminare le apatie e le neoplasie che aumentano in tanti, diventando carcinomi, al punto che preferiscono invecchiare piuttosto che svecchiare; li avrebbe spronati a ‘marciare’ per la pace, contro l’incremento delle spese militari, contro l’aumento di CO2 sul pianeta, contro le discriminazioni e ogni forma di femminicidio e di violenza. Insomma li avrebbe spronati a marciare e non a marcire”.
Fra pochi giorni il sinodo dei vescovi sui giovani. In quale modo motivare i giovani a vivere la santità con la’metodologia ecclesiale’ di mons. Bello?
“Don Tonino ha sempre avuto a suo favore il sorriso e la capacità di trasmettere futuro. La santità che don Tonino ritrasmetterebbe ai giovani sarebbe reperibile nelle Beatitudini. Gesù dinanzi alle folle ha sviluppato una progettualità e un cammino mirante a creare un popolo fatto anche dalle apatie e dalle proteste di tanti che avrebbero voluto qualcosa di meglio per sé.
Don Tonino avrebbe invitato oggi, i giovani, a far parte di un popolo nuovo, di una Chiesa dalle mani e dai piedi bucati come quelli del Risorto di Gerusalemme, per ricercare la santità non negli articoli reperibili nelle vetrine dei negozi di arte sacra come certi manufatti adatti a coronare statue impolverate o persone da fregiare con aureole debitamente costruite per occasioni varie, ma nei vicoli delle strade dove la presenza dei poveri non è qualcosa di monumentale, ma di realmente documentale.
Infatti, don Tonino li avrebbe invitati a far parte di un popolo di poveri e di annunciatori della giustizia, li avrebbe incitati ad aiutare i genitori, a portare orgogliosamente le carrozzine con i neonati e con tanti che condividono l’esperienza della disabilità, a lavorare per la pace diventando coraggiosi testimoni del Vangelo che non hanno alcuna intenzione di barattarlo.
Insomma, li avrebbe invitati a scalare il monte delle beatitudini per santificarsi e non rimanere più affacciati ai balconi a guardare lo spettacolo o a piangere solamente per compatire i miseri.
A far parte della Chiesa che nasce come una comunità che sa sorridere e gioire, ma soprattutto sa costruire un mondo di beati perché è una comunità dalle tasche vuote, riproponendo il Vangelo casa per casa attraverso un annuncio più incisivo e conforme ai tempi; chiedendo e concretizzando un lavoro più dignitoso per quanti sono esclusi a cominciare dai giovani tagliati fuori dal mercato occupazionale; rivitalizzando la dimensione dell’abitabilità urbana senza continuare ad avvallare la logica della lottizzazione e della cementificazione; promuovendo la cultura della pace e impegnandosi nella conversione industriale delle fabbriche dell’industria bellica”.
Tra la ‘Chiesa del grembiule’ e la ‘Chiesa in uscita’ quali sono le affinità?
“Credo che le affinità ci siano tutte e che l’invito a costruire una Chiesa dalle tasche svuotate che non tiranneggia, né terrorizza, ma serve ci sia in entrambi le parti. Questa Chiesa è sempre in cammino e promuove la vita passando dalla strategia della devozione alla dinamica della nuova evangelizzazione. E’ un ‘popolo colorato’ di amore che vive la sua fede in maniera inedita che, sebbene abbia le tasche vuote è sempre una comunità piena di vita e di persone”.
Fonte: korazym.org