Dal vangelo secondo Giovanni (Gv 14, 15-16. 23-26)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre.
Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.
Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto».
La Pentecoste, originariamente nata come adattamento di un’antica festa agricola cananaica in cui si celebrava la festa del raccolto, fu “ebraicizzata” come festa di offerta e ringraziamento a Jahvè dei prodotti della terra concessi al popolo. Successivamente (II secolo a. C.) il significato della festa assunse quelli del ringraziamento per il dono della Legge mosaica ricevuta sul Sinai.
La Pentecoste, che ricorda la nascita della Chiesa e per giunta di quella “Chiesa in uscita” che ha permesso agli apostoli di scrollarsi da sé tutte le paure e annunciare che il Cristo
è colui che, scuotendo i cuori, ha riempito di amore il mondo diventa la festa cementificatrice delle novità che osiamo definire festa del “diaframma degli schiodanti”.
Il vento impetuoso che scuote il Cenacolo riempie di aria nuova i polmoni degli apostoli. Il diaframma degli stessi si è aperto tanto da far spazio a Cristo e soprattutto di emettere dagli stessi polmoni lo spirito di amore per coinvolgere e stravolgere il volto insecchito della terra.
Quest’aria nuova immessa grazie all’allargamento del diaframma ed emessa all’immissione dello stesso diaframma che si è allargato rigetta tutto ciò che rientra nelle logiche di morte e dei suoi derivati.
E’ lo Spirito di verità che annuncia le cose future e che guida la comunità all’attualizzazione del Vangelo. Un’attualizzazione che non coincide con un adeguamento alle logiche del mondo, ma crea percorsi nuovi ed itinerari di evangelizzazione che scardinano le strutture scricchiolanti e puntellate delle nostre chiese per comunicare che se vogliamo essere cristiani dobbiamo essere schiodanti dal diaframma allargato.
Aprire i polmoni e allargare il diaframma vuol dire far entrare il Cristo anche nel cuore di ciascuno e gettare fuori l’aria viziata dell’egoismo, del calcolo, dell’accumulo per aprirsi alle generosità e alla solidarietà.
Gli schiodanti dal diaframma aperto sono i cristiani della “Chiesa dell’amore” che allargano le loro vedute e cominciano ad essere coreografi dell’amore di Dio. Dopo aver preso fra le loro braccia i “crocifissi della storia” respirano e riempiono di vita gli sfiduciati, i rassegnati, chi lotta per un posto di lavoro, chi barcolla nella vita familiare e con loro provano a cantare con la stessa voce suadente delle claustrali la gioia del Cristo risorto; con loro provano a raccogliere per strada i senza fissa dimora e ad impegnarsi a combattere le mafie per chiarire che essere chiesa vuol dire anche essere impegnati per la giustizia; con loro camminano e riannunciano il Cristo negli appartamenti scristianizzati delle nostre metropoli al fine di far giungere un’aria nuova di amore anche nelle case dalle porte blindate e dalle finestre chiuse ermeticamente dai doppi infissi che sembrano non avere un’anima.
Gli schiodanti dal diaframma aperto sono la Chiesa in cammino e in uscita che hanno colto che la il Calvario di Gerusalemme è definitivamente eliminato e chi intendeva ricollocarlo nelle quattro mura del Cenacolo ora non può far altro che respirare a pieni polmoni un’aria di novità dicendo a tutti che le stigmate di Cristo sono solo segni di riconoscimento di gesti di solidarietà e di una fede che parla e realizza la gioia della misericordia che trasmette al mondo intero.
Il vostro parroco
Antonio Ruccia