Dal vangelo secondo Marco (Mc 13, 33-37)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare.
Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati.
Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!».
Se l’Avvento è il tempo liturgico per eccellenza che guarda in prospettiva futura, ancora di più dobbiamo essere convinti che è il tempo un cui la Chiesa diventa concretamente una comunità in uscita.
Di fronte alle persecuzioni di cui soffre la comunità di Roma cui Marco scrive il Vangelo, proprio lo stesso evangelista nel discorso escatologico indica concretamente come non dover essere una Chiesa di “repressi”. La risposta sta in una testimonianza tipicamente individuabile in quella “comunità in uscita” che anche oggi è indicata per far si che si esca dall’anonimato e dal superificialismo con cui spesso si percorre il cammino .
La proposta di Marco è di uscire. Proprio come il padrone che partendo per un viaggio offre il suo potere ai servi affinché valorizzino i carismi personali e li facciano fruttare. In altri termini propone ai cristiani stanchi e delusi di:
- uscire dal proprio habitat;
- investire sui doni ricevuti;
- seguire le proposte del Cristo come il portiere che vegliando traccia le linee guida di quanto dev’essere svolto.
E’ proprio quell’uscire per andare a portare qualcosa di buona e non perpetuare e continuare a essere una “chiesa dei repressi”, ma cominciare a essere una comunità dei redenti, dei rinati, delle scelte profetiche e soprattutto della nuova evangelizzazione.
Quando avverrà tutto ciò? Quali sono i momenti e i luoghi in cui si realizza la Chiesa “in uscita” ?
Alla sera: quando si vive l’esperienza della Cena e della lavanda de piedi, quando la comunità si pone al servizio delle famiglie e dei piccoli rivivendo le eucarestie nella storia senza timore di piegarsi sulle parti ultime di ciascuno.
A mezzanotte: quando si vive l’esperienza del Getsemani, quando la comunità si reca nei luoghi della sofferenza, nelle carceri, dove i giovani si sballano, nei tuguri dei defenestrati e in tutte le periferie dove tanti sono esclusi.
Al canto del gallo: quando si vive l’esperienza del tradimento e delle lacrime di rimorso, quando la comunità cerca gli itinerari della riconciliazione per le famiglie ferite, per tanti che hanno perso lavoro, per i figli che stanno deviando proponendo per loro percorsi dia more piuttosto che strade quasi inerpicabili per acquisire un briciolo di serenità.
Al mattino: quando ci si reca alle prime luci dell’alba al sepolcro, quando la comunità entra nelle case e negli stabili e annuncia il vangelo e quando tanti cristiani cominciano a realizzare i nuovi ministeri del servizio a cominciare dai catechisti del territorio che oggi sono prioritari per la nuova evangelizzazione.
Insomma … una Chiesa in uscita è solo il primo passo per una comunità estro/versa. Una Chiesa/comunità che stradica l’indifferenza e coglie che all’alba di questo nuovo cammino s’intravedono le albe della Chiesa del presepe che è realmente la prima comunità uscita della nuova evangelizzazione.