Dal vangelo di Giovanni ( 3, 16-18)
In quel tempo, disse Gesù a Nicodèmo: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio».
Nicodemo: il maestro d’Israele, il fariseo critico appartenente al Sinedrio, presumibilmente cercando la complicità dell’oscurità si recò a incontrare Gesù in una notte. E’ l’uomo della ricerca che non si era arreso alla faciloneria di eliminare in poche battute tutti gli interrogativi sull’uomo di Galilea che faceva miracoli, ma soprattutto era in grado di coinvolgere le masse e soprattutto i più poveri. Nicodemo non aveva nessuna intenzione di “non capire”.
La notte di Nicodemo è l’esatto contrario della notte che vivrà successivamente Giuda. La sottolineatura dell’evangelista Giovanni evidenzia che Giuda uscì e restò nella notte, Nicodemo, invece, intendeva uscire dalla notte. Il primo aveva preferito addentrarsi in un labirinto e non riuscì a trovare l’uscita, il secondo aveva visto la luce al termine del tunnel e intendeva procedere. Chiedeva solamente che gli fosse offerta la torcia della speranza e soprattutto la giusta indicazione da poter percorrere la strada in un tempo relativamente breve.
La notte di Nicodemo è quella della trasformazione e della decisione; quella di Giuda è la notte dell’incomprensione e del tradimento che lo segnerà interiormente per il breve tempo che deciderà di vivere.
In quella notte a fare da leitmotiv è l’amore di Dio che mostra un Dio che prende i suoi figli sul palmo della mano e li spinge, soffiandovi l’alito della vita, a creare nuovi giorni di amore. E’ l’amore, la fiaccola da seguire per uscire allo scoperto e non il bacio di un tradimento che nasconde il voler essere al centro dell’attenzione avendo dentro di sé la consapevolezza di non voler mai prendere una decisione.
La Trinità è l’esperienza di saper decidere di amare per sempre e costruire l’amore non a tappe o a semplicemente in alcuni momenti, ma per sempre. Il Padre, il Figlio e lo Spirito sono l’amore di chi ha deciso di lasciarsi amare e di
- preoccuparsi di tutti gli uomini e le donne dell’umanità,
- cercare di risollevare chi ha sbagliato,
- non dimenticare i deboli, soprattutto quelli più abbandonati,
- educare secondo i criteri dell’inclusione
- vivere il Vangelo della misericordia.
La Trinità è decidere di mettere e soprattutto di far salire sul palmo della mano chi fa fatica per poter insieme a loro Costruire un pianeta vivibile, impegnarsi per distruggere le fucine degli armamenti, formare famiglie secondo lo spirito del Vangelo, promuovere la vita e porsi accanto a tutte le ragazze che non intendono provocare l’aborto, stimolare i giovani a uscire dalle strategie del borghesismo e del salotto, avere la forza di creare le novità attualizzando il vangelo.
Gesù oggi ci invita a divenire esperti di relazione, mostrando agli altri, come Lui fa con Nicodemo, la strada della tenerezza di Dio anche a coloro che brancolano nel buio. Siamo chiamati a vivere e a testimoniare la bellezza dell’unità che si costruisce considerando le diversità che sono opportunità di comunione e possibilità di accoglienza ed incontro. Il tutto da farsi alla luce del giorno per passare dalla notte del dubbio e dell’incertezza all’alba della nuova realtà dove ogni famiglia e ogni uomo e donna già ora potranno assaporare le carezze.